Gentilissimi e Gentilissime,
Saluto la Confederazione Islamica Italiana guidata dal suo Presidente il dott. Mustapha Hajraoui.
Desidero ringraziare il dott. Massimo Abdallah Cozzolino, Segretario Generale della Confederazione Islamica Italiana, per l’invito che mi ha rivolto a partecipare a questo momento.
Saluto il dott. Abdellah Redouane, Segretario Generale del Centro Islamico Culturale d’Italia.
Saluto tutti e tutte le Autorità e le Eccellenze qui collegate, e tutti i partecipanti che si sono uniti a noi attraverso il web.
Questa iniziativa evidenzia come il ruolo del continente europeo sia quello di crocevia, un ponte tra religioni e culture differenti, valorizzando il contributo delle tradizioni religiose, capaci di superare le frontiere e di promuovere la dignità di ogni persona al di là delle logiche settarie di lingua, razza, appartenenze politiche e sociali.
Si tratta di una grande responsabilità per ogni fedele, una responsabilità che nello scenario europeo, come in quello italiano, abbiamo la possibilità di esercitare insieme, come fratelli nella fede nell’unico Dio ma anche come fratelli nella comune umanità. Sono due dimensioni della e nella fratellanza, che ci spronano a essere promotori di un’amicizia sociale capace di scaldare i cuori delle nostre società, in questo momento così difficile per tutti e, soprattutto, per i più fragili e deboli.
Nella tradizione cristiana questa amicizia sociale, questa fratellanza incondizionata trova in Gesù, il Cristo, la radice incarnata e il suo centro di irradiazione. Questo mistero che i cristiani di tutto il mondo contemplano con sempre intatto stupore in questi giorni trova in un’altra immagine cara all’esperienza cristiana, quella del buon Samaritano, un esempio sempre impegnativo della responsabilità che portiamo gli uni verso gli altri. Dalla contemplazione del mistero nasce, infatti, la testimonianza: e non una testimonianza qualsiasi. Non la testimonianza aggressiva di chi finisce per sostituire sé stesso al Creatore, dimenticando, così, anche i fratelli, ma una testimonianza di servizio forte e, nello stesso tempo, umile, mite e resiliente, come quella del diacono Stefano, che la Chiesa cattolica ricorda oggi: un servitore della comunità, un giovane, come tanti, ma che del mistero aveva ben colto le conseguenze più esigenti.
Di quanti Stefano necessiterebbe il mondo di oggi! L’Europa, dopo aver superato il dramma delle Guerre mondiali e della Shoah, ha scelto, ormai settant’anni fa, anche per l’impegno di tante donne e uomini di buona volontà, d’impostare le relazioni tra i suoi abitanti sulla base dei diritti fondamentali riconosciuti a tutti, indipendentemente dalla loro cittadinanza: si tratta del cuore del messaggio che riecheggia nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo in cui anche le tradizioni religiose ritrovano, almeno in parte, l’eco dei loro venerabili insegnamenti.
Infatti, come ci insegna il Documento sulla Fratellanza di Abu Dhabi: “È importante consolidare i diritti umani generali e comuni, per contribuire a garantire una vita dignitosa per tutti gli uomini in Oriente e in Occidente, evitando l’uso della politica della doppia misura”. È molto significativo che questo documento firmato da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, si ricolleghi così bene alla Dichiarazione di Marrakech – so che vi sta molto a cuore –, che già quattro anni fa preannunciava questa comune direzione. Come sarebbe bello che il Mediterraneo diventasse la casa in cui tutti i fedeli, tutti gli uomini si ritrovassero fratelli apprezzati e riconosciuti nelle loro identità e nei loro diritti di fratelli di una comune umanità!
Si tratta, lo sappiamo bene, di un cammino difficile per tutti, perché è per tutti difficile rinunciare ai propri egoismi per fare spazio all’Altro. Ma è una sfida che ciascuno di noi deve osare se vogliamo che gli uomini e le donne di religione, che i fedeli siano davvero segni credibili di fronte all’umanità del nostro tempo. È fondamentale che le religioni abramitiche, in dialogo tra loro, continuino a disegnare i fondamenti di un nuovo concetto di “cittadinanza” per far fronte alle sfide del terzo millennio e per aiutare il Mediterraneo a tornare ad essere luogo di unione e di bellezza e non più di conflitto e di morte, come abbiamo avuto modo di ricordare a Bari lo scorso febbraio, in occasione dell’incontro di riflessione e spiritualità “Mediterraneo, frontiera di pace”.
Il Santo Padre, rivolgendosi con la sua enciclica “Fratelli tutti” all’umanità intera, ricorda che: “A partire dalla nostra esperienza di fede e dalla sapienza che si è andata accumulando nel corso dei secoli, imparando anche da molte nostre debolezze e cadute, come credenti delle diverse religioni sappiamo che rendere presente Dio è un bene per le nostre società. Cercare Dio con cuore sincero, purché non lo offuschiamo con i nostri interessi ideologici o strumentali, ci aiuta a riconoscerci compagni di strada, veramente fratelli” (FT, 274).